Rinascita Abissale

I piedi ferrei piantati in terra,
quei respiri che sporcavano l'aria,
dopo tutte quelle indicibili dinastie
di bocche sghignazzanti.
Il tempo si era fermato sull'uomo,
immobile,
nessun passo poteva far sbocciare di nuovo i fiori.
La condanna era restare fermo
a fissare il vuoto
per ore,
conoscere le nere scale
e temerle,
bere il veleno
perché unico rimedio per la fame.

Tra le strade veloci
pieni del traffico dei suoni
e delle immagini,
l'entrare e l'uscire erano delle spinte infernali,
dei vortici di odori nauseabondi.
La città era una morsa che sorrideva,
era il compimento di millenni di sussurri distorti,
un baratro inconoscibile dietro le quinte.
In fondo,
nelle acque scure,
c'è chi emerse come un lucente lampo
nella notte più buia,
rinato,
come per il bambino
che nel suo primo sguardo intravede la vita.

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